Mercoledì 23 giugno si è svolto l’incontro in videoconferenza “Il vivaismo italiano post covid-19. Esigenze, opportunità, sinergie”, promosso dalla Consulta Nazionale Florovivaismo Coldiretti.
Un confronto durante il quale hanno partecipato alcuni tra i più importanti vivaisti italiani (Paolo Arienti, Mario Faro, Vannino Vannucci, Fabrizio Tesi) e dove si è discusso delle problematiche causate dalla pandemia, ma soprattutto di esigenze del comparto e delle opportunità rappresentate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che punta in modo importante su azioni di incremento di alberi in ambito urbano.
Gli alberi hanno infatti un ruolo determinante per l’ambiente e la salute nelle città e per questo occorre aumentare la loro presenza, con una attenzione particolare alla qualità vivaistica e alle cure post impianto: il settore florovivaistico assume quindi un ruolo importate nella risposta alla mitigazione ai mutamenti climatici, per una crescita economica sostenibile, per la salute e la qualità della vita nelle città, attraverso la produzione di piante maggiormente adatte a fornire benefici per l’ambiente e la salute.
Il Covid ha spinto l’acquisto di piante e fiori anche da parte dei cittadini: secondo l’indagine Coldiretti/Ixè nel periodo post-emergenza il 68% degli italiani ha ricercato piante e fiori per il proprio verde privato.
La necessità di verde si concretizza anche sulla destinazione delle prossime vacanze estive: tre milioni di italiani le trascorreranno in parchi, oasi naturalistiche e riserve.
L’incontro si è aperto con l’introduzione del Segretario Nazionale di Coldiretti Enzo Gesmundo, il quale ha sottolineato l’importanza che ricopre il florovivaismo Italiano a livello Europeo sia in termini di eccellenza nella produzione che nella varietà di materiale prodotto, il comparto florovivaistico inoltre ha un ruolo sociale e occupazionale importante in quanto gravitano circa 100.000 occupati, questo infatti da diritto al settore un ruolo decisionale nei tavoli di concertazione sia regionale che nazionale.
L’interesse per il verde è un segnale importante se si pensa alle importanti perdite – 1,7 miliardi di euro – subite a causa della pandemia, con il settore florovivaistico tra i più colpiti. Interesse che si manifesta anche dall’estero con “un aumento record del 33% delle esportazioni di piante Made in Italy nel primo trimestre del 2021”, come ha ricordato il Presidente di Coldiretti Ettore Prandini, che ha aggiunto: “quello florovivaistico è un settore chiave del Made in Italy e del comparto agroalimentare, che offre circa 200mila posti di lavoro e con un valore della produzione italiana di fiori e piante che arriva a 2,7 miliardi di euro”.
La questione del Made in Italy è stata sottolineata anche da Mario Faro (Vivai Faro, Presidente Consulta Florovivaismo Coldiretti) che si è soffermato sulla “grande varietà e assortimento di piante che contraddistingue l’Italia”, da Nord a Sud, che non ha eguali in Europa. “Abbiamo grandi opportunità ma è necessario creare un sistema Italia per superare le difficoltà legate all’export. Non siamo secondi a nessuno come competenze e bravura, ci manca però la capacità di fare sistema per raggiungere le grandi commesse. Occorre portare il florovivaismo Made in Italy compatto verso i mercati esteri. È Per fare questo è fondamentale lavorare con le autorità, come la Farnesina e il Mipaaf, per trovare accordi con quei Paesi che hanno chiuso le porte o che rendono difficoltose le esportazioni dei nostri prodotti. Bisogna coinvolgere le ambasciate e le organizzazioni per creare accordi bilaterali. I controlli fitosanitari nel nostro Paese sono severi e danno garanzia di qualità e sanità delle piante che produciamo”. Faro è intervenuto anche sulla recente approvazione della “Legge di Delegazione Europea 2019-2020” e sulle ripercussioni positive su tutto il settore florovivaistico con il contrasto alle “pratiche commerciali sleali”.
Per Paolo Arienti (Distretto di Canneto), i produttori di piante sono comprensibilmente diffidenti nei confronti del rischio economico che deriva dalla costruzione di serre, dall’acquisto/affitto di terreni della necessità di maggiori attrezzature e dalla coltivazione di un numero di piante molto superiore perché negli anni passati la richiesta di piante da parte del mercato non c’è stata: gli alberi impiegano dai 3-4 anni (1-2 se si parla si materiale forestale) fino a 6-7 anni per arrivare alla minima dimensione vendibile e può essere difficile prevedere la domanda del mercato con così tanto anticipo. Mentre gli investimenti sono immediati, il ritorno è, spesso, lontano nel tempo e per limitare la probabilità di dover buttare via gli alberi se gli acquirenti non si materializzano, i vivai di solito coltivano ciò che è necessario per adempiere ai contratti già in essere, ma sono molto cauti nel pianificare l’impianto di nuove superfici. Questo spesso significa che può esserci una grave carenza di alberi, dopo stagioni estreme di incendi, tempeste e altre catastrofi, per coloro che non hanno contratto di coltivazione prima di un tale evento.
L’attenzione del settore vivaistico è comunque alta e aperta alla ricerca: per massimizzare il ruolo del verde urbano nel contrasto agli effetti negativi del mutamento climatico e migliorare la qualità dell’aria nelle città occorre utilizzare la pianta giusta nel posto giusto, laddove per pianta giusta si intende anche dal punto di vista della capacità di fornire benefici per l’ambiente in cui cresce. A Canneto sull’Oglio i ricercatori del gruppo “Fitorimedio e mitigazione ambientale” dell’Istituto per la BioEconomia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IBE-CNR) di Bologna hanno in corso il progetto Vivam (“FloroVIVaismo di qualità per la mitigazione e sostenibilità Ambientale”), che ha lo scopo di rendere consapevoli i produttori sulla potenzialità di mitigazione della CO2 e di inquinanti atmosferici di diverse specie prodotte nel territorio. Informazioni pratiche consentiranno di fornire strumenti efficaci per la crescita delle stesse aziende, per soddisfare le richieste dei mercati nazionali e internazionali, sempre più attenti e consapevoli degli aspetti ambientali, con il prodotto vivaistico italiano.
Vannino Vannucci ha affrontato il tema delle malattie delle piante, che arrivano attraverso importazione dall’estero, portando l’esperienza della Toscana e dell’efficienza del servizio fitosanitario regionale.
Nada Forbici, Presidente Assofloro e Coordinatore Consulta Florovivaismo Coldiretti, ha parlato dell’opportunità rappresentata dal PNRR e la necessità di pianificazione della produzione di piante che serviranno nei prossimi anni: “Una pianta ha necessità di anni per essere prodotta e non si può avere una grande risposta a una grande richiesta se negli anni passati si è prodotto meno a causa della minore domanda.
Se dovessero effettivamente essere attuati tutti gli interventi di forestazione urbana di cui si parla, i vivai italiani, pubblici e privati, non sarebbero in grado di soddisfare le richieste. Già nel corso di quest’anno, con la partenza di importanti progetti di riqualificazione verde delle città, si sono verificati problemi di reperimento di alberi ed arbusti. La richiesta non è solo quella di alberature, ma anche di arbusti: si pensi infatti ai progetti di depavimentazione e di inverdimento di tetti e pareti verdi che stanno spingendo e finanziando città come Milano e Torino.
La situazione è ancora più grave per quanto riguarda la vivaistica forestale, cioè la produzione di quelle piante che vengono utilizzate per la realizzazione di boschi urbani e periurbani. Attualmente nel contesto nazionale ed internazionale la quantità e la qualità del prodotto vivaistico forestale assume sempre più importanza non solo per interventi con finalità produttivi ma anche per azioni di forestazione diverso, come il recupero di aree degradate (cave e discariche), la ricostituzione di boschi e nuovi interventi di forestazione che hanno lo scopo di contrastare gli effetti negativi del mutamento climatico. Ma anche secondo il Rapporto sulle foreste del Mipaaf, ha ricordato Nada Forbici, la produzione di piante di provenienza certificata da parte dei vivai forestali regionali non è minimante sufficiente alla richiesta odierna e ancora di meno a soddisfare quella legata ai grandi progetti di forestazione.
Su questo fronte la Consulta sta lavorando perché l’Ente pubblico possa stipulare contratti di coltivazione direttamente con l’azienda che può essere così in gradi di programmare le proprie produzioni. E per quanto riguarda le piantine forestali si sta lavorando in sinergia con il Mipaaf perché i vivai privati possano affiancare quelli pubblici, secondo procedure stabilite, nella coltivazione di materiale certificato. E’ chiaro, ha concluso Nada Forbici, che gli investimenti da parte dei vivai privati possono essere giustificati se c’è la garanzia di acquisto da parte dell’Ente pubblico, attraverso i contratti di coltivazione e migliorando i prezziari regionali perché le piante vengano pagate il giusto.
Nell’intervento di chiusura il Presidente di Coldiretti Ettore Prandini ha sottolineato l’importanza della Consulta Nazionale Florovivaismo perché “è Intervenuta puntualmente nei momenti di criticità, mettendo in evidenza numeri del settore e di cosa necessitavano le imprese florovivaistiche: grazie a questo lavoro e al dialogo con le istituzioni è stato fatto emergere un settore fin qui poco conosciuto, evitando la chiusura delle aziende durante il lockdown e ottenendo un importante sostegno con l’annullamento dei contributi.
Riprendendo i dati sull’interesse dei cittadini per il verde ha aggiunto “È necessario che il dialogo continui perché istituzioni e cittadini riconoscano nel comparto qualcosa di straordinario e una risposta alla sfide ambientali che stiamo vivendo”.